Oltre il tempo e le distanze

editorialeNel 2003 scrissi una canzone strumentale e ricordo ancora la notte in cui mi venne in mente di sedere accanto ai miei adorati strumenti musicali sfiorando con le dita i ‘fedeli’ tasti bianchi e neri.
Era una notte da starsene a casa, fuori pioveva, era tardissimo; una notte nella quale si sentiva la solitudine, degna compagna e musa ispiratrice per chi, come me, ha la passione per la musica.
L’idea non c’era, come del resto mai quando decido di scrivere qualche canzone, ma quella sera era ‘speciale’ e iniziai a suonare.
Rigorosamente in cuffia, selezionai il timbro del pianoforte e buttai giù qualche accordo…

Le uniche luci nella stanza erano i led rossi ed il display delle tastiere insieme ad una lampadina che mi permetteva di distinguere un tasto dall’altro, per il resto il buio intorno a me.
Tutto ad un tratto ebbi la sensazione che avessi già scritto la linea melodica di quello che stavo eseguendo anche se, come anticipato, non avevo alcuna idea in merito.

Dopo un’oretta circa c’era tutta la melodia, gli accordi si susseguivano uno dopo l’altro e decisi che non era ancora troppo tardi per scrivere gli arrangiamenti.
Un pianoforte acustico ed il suono del ‘ride’ della batteria segnavano il tempo per l’apertura di strings che facevano da ‘tappeto’ per un flauto e poi il resto.
Decisi che non avrei scritto alcun testo: doveva parlare la musica.
Una serie di parti soliste, una diversa dall’altra con tanti strumenti che ‘cantavano’ nelle diverse battute: flauto, oboe, piano, chitarra elettrica distorta.
Un ponte con una serie di strings e delle percussioni, poi una diminuizione di tempo per cominciare nuovamente con una scala di arpa e subito dopo un violino, solitario come la notte in cui la scrissi.
Per finire un sax tenore e la base che sfuma a poco a poco.

A distanza di qualche anno da quella notte ho ‘rispolverato’ questa ed altre mie canzoni.
Per carità, nessuna ‘hit’ ma qualche pezzo più o meno orecchiabile con, in testa una canzone scritta nel 2008 ed arrangiata in meno di 11 ore, che riceve sempre complimenti generosi dalle poche persone alle quali la faccio ascoltare.
L’occasione di cui parlavo prima è che ho inviato proprio quest’ultima ad una persona vicina ma, al contempo, lontana.

Strano a dirsi ma fino a qualche ‘centinaia di giorni’ fa non avrei mai immaginato che ‘persa’ nel tempo e nelle distanze ci potesse essere una parte della propria famiglia.
Una famiglia piccola, fatta di pochi elementi, alcuni dei quali partirono agli inizi del XX secolo per paesi distanti migliaia di chilometri in cerca di fortuna.
Un lungo viaggio in nave, una di quelle imbarcazioni mosse dal carbone che arde nelle caldaie, qualche fazzoletto bianco sventolante per salutare i parenti che, probabilmente, non si sarebbero visti più.
Gli anni passarono, le generazioni si susseguirono.

E dopo tanti anni e qualche ricerca spunta qualcuno col cognome uguale al nostro e la curiosità ci assale.
Si inizia a parlare con chi, fino a poco tempo prima non si conosceva, a ‘scavare’ nel passato alla ricerca di qualcosa in comune.
Le somiglianze vengono cercate nelle espressioni del volto e nel carattere, per quanto difficile sia trovarne.

Tutto ad un tratto si scopre che quel qualcosa in comune c’è, esiste ed è chiaro ma soprattutto non è frutto della propria immaginazione o delle idee che ci si è fatte.
Tutto si incastra perfettamente proprio come quella notte solitaria nella quale i pensieri si perdono lungo le sottili linee dell’oscurità, proprio come in quella canzone nella quale le note si piazzano tutte al punto giusto senza averlo nemmeno pensato.

Oltre il tempo e le distanze, sì proprio così perché questa frase è, credo, l’unica che può definire la scoperta di parenti ‘persi’ nei meandri della storia.
Una o più persone a cui ci si sente legati, non solo per lo stesso cognome ma perché rappresentano una parte della famiglia, benché lontana e, fino a poco tempo prima, sconosciuta.
Oltre il tempo e le distanze perché al contempo ‘vicini’.

Alle persone lontane dai propri affetti, a quelle che sono legate da vincoli di parentela di qualsiasi natura ma che, però, non hanno la possibilità di incontrarsi di persona, va il più sentito augurio che un giorno le tessere di un mosaico più grande di noi possano incastrarsi, un augurio affinché quella nave mossa dal carbone possa ritornare al porto di partenza, fermando il tempo.
Un augurio affinché figli di diversi padri ma progenie della stessa stirpe si possano incontrare e parlare a quattr’occhi del bene più profondo, del vincolo indissolubile che tutto può, oltre il tempo e le distanze… la famiglia.

Oltre il tempo e le distanzeultima modifica: 2010-02-04T17:40:00+01:00da overflow975
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