Riassunti Promessi sposi – nono capitolo

I Promessi Sposi – riassunto capitolo 9.

Il nono capitolo de ‘I Promessi sposi’ vede accadere quanto segue.

Giunti a Monza, i due giovani si separano: Renzo prosegue il suo viaggio verso Milano, Lucia ed Agnese si dirigono verso il monastero dove vengono accolte dalla ‘signora’, una monaca particolare alla quale padre Cristoforo, con la sua lettera, affida le donne. Entrate nel parlatorio del convento, Agnese e Lucia vedono una ‘finestra con due grosse e fitte grate di ferro e, dietro quelle una monaca ritta’ di circa 25 anni e ‘d’una bellezza sbattuta, sfiorita, scomposta’…

La ‘signora’…

Il velo ed il saio uguali a quelli delle altre suore, erano indossati dalla ‘signora’ in modo diverso rispetto alle altre suore, infatti ‘la vita era attillata con una cura scolaresca’ e dal velo usciva ‘una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli corti’. La fronte della ‘signora si raggrinzava spesso’ e i sopraccigli neri si ‘ravvicinavano’, gli occhi neri neri, a volte, fissavano il viso delle persone, a volte, erano sfuggenti, a volte, sembravano chiedere affetto e pietà, a volte, sprizzavano odio e ferocia, rivelando il ‘travaglio di un pensiero nascosto’. Le labbra erano di un roseo sbiadito; le gote pallidissime.

Curiosità morbose…

Veramente insolita è la figura di questa suora ed altrettanto singolare il suo comportamento quando si rivolge a Lucia e la interroga con una curiosità veramente morbosa per cercare di carpire alla giovane tutti i particolari più delicati della sua storia, fino al punto da farla arrossire.

Dopo averla così descritta, Alessandro Manzoni, per far comprendere il motivo della particolare condotta della suora, comincia a narrare la storia dell’infelice, la storia di questa giovane assetata di libertà, desiderosa di amore e delle gioie del mondo che invece viene costretta a seguire, contro la sua natura, la vita monastica. A quei tempi infatti vigeva la legge del ‘maggiorasco’ secondo la quale, la nobiltà – per non disperdere il patrimonio fra i figli – lo destinava al primogenito costringendo gli altri alla vita monastica.

Gertrude, la monaca di Monza.

Gertrude, questo è il nome dell’infelice, nasce nella famiglia di un principe milanese e, quando ella si presenta alla ribalta della vita, il suo destino è già segnato. Il nome scelto per lei, i giocattoli, i rimproveri, i complimenti che le fanno, hanno tutti lo stesso scopo: quello di evocare il chiostro, a insinuare nella mente della bambina l’idea di farsi monaca.

A sei anni Gertrude viene affidata al monastero di Monza per essere istruita, qui troverà un’accoglienza e un trattamento tanto benevolo che possa convincerla a rimanervi per sempre, si creerà nel suo cervello l’idea di superiorità e la consapevolezza di suscitare l’invidia delle altre ragazze per il fatto che è destinata a diventare, un giorno, badessa.

Gertrude diventa giovinetta.

E Gertrude è fiera e contenta della sua condizione fino a che, diventa giovinetta, sentendo parlare le sue coetanee di matrimonio, di feste, di divertimenti, inizia a riflettere e comprende che – in realtà – ella non desidera diventare suora ma piuttosto vuole sposarsi, crearsi una famiglia e, comunque, vuole essere libera di scegliere lei la sua vita. Ne consegue una ribellione al tirannico arbitrio paterno e, nel contempo, la consapevolezza della sua insicurezza, della sua debolezza caratteriale che le impediscono di far valere la propria volontà.

Lettera al padre.

Così Gertrude decide di scrivere una lettera al padre per spiegargli che non intende abbracciare la vita monastica. Questa lettera otterrà come risposta le parole della Superiora che le riferisce la gran collera del padre. Dopodiché Gertrude, con il cuore pieno di odio verso le sue coetanee tanto decise e sicuramente più fortunate di lei, prosegue la vita che lei non aveva scelto ma che le era stata imposta. In un attimo di massimo sconforto scrive e firma la supplica per diventare suora e poi si pente e poi ancora si pente di essersi pentita.

Sentimenti contrastanti coesistono nel suo animo fino a che, come era consuetudine, prima di prendere i voti, torna nella casa paterna per un mese di vacanza. Qui trova solo indifferenza, freddezza, astio nei suoi confronti da parte dei familiari e anche della servitù. Solo un paggio le dimostra simpatia e un giorno Gertrude gli scrive una lettera che le viene però strappata di mano da una cameriera che aveva l’incarico di sorvegliarla e viene consegnata al padre. Questi la userà come un’arma per ottenere ciò che vuole.

Il chiostro meglio della propria casa.

A questo punto Gertrude si rende conto che il chiostro è un posto migliore della sua casa e, con la disperazione nel cuore, informa il padre che si farà suora. La felicità del principe e degli altri componenti della famiglia è enorme.

 

Riassunti Promessi sposi – nono capitoloultima modifica: 2011-03-30T18:24:00+02:00da overflow975
Reposta per primo quest’articolo
Share